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lunedì 18 novembre 2013

#01 Arrivo a Rennes le Chateau

Erano passati mesi da quell'assalto degli sciacalli. Mesi passati a saltare da un posto all'altro, da un rifugio ad un altro, mesi fatti di fughe notturne. Notti insonni dove quando ti addormentavi, se ci riuscivi, l'ultimo pensiero era ai morti.. che mentre te chiudi gli occhi loro sono li e ti cercano, ti bramano, ti fiutano. Mi ero messo in viaggio con altri uomini, brava gente, sognatori a modo loro. Stavano andando a Parigi, lì c'è una battaglia da combattere, per la Francia, per i francesi, per la libertà. Una battaglia pensavo io... e questa qui fuori allora come me la chiamate? Però da una parte li capivo e li invidiavo: hanno uno scopo, oltre al sopravvivere dico. Glielo leggevo negli occhi e in un certo senso si, li invidiavo.

Un giorno, ormai eravamo abbastanza vicini a Parigi, passiamo vicino ad un paesino, un borgo. Era leggermente rialzato rispetto alla campagna sottostante e ricordo ancora il mio stupore nell'accorgermi che i campi tutto intorno erano coltivati. Quella normalità apparente dopo tutta quella follia degli ultimi mesi era sconvolgente! Decidemmo di andare al borgo, due uomini armati ci vennero incontro ma non ci sentimmo minacciati, ci chiesero chi fossimo e quali fossero le nostre intenzioni, dopodiché ci accompagnarono nel paese Rennes le Chateau si chiamavano quelle due dozzine di case in cima alla collina. Ricordo che molte case presentavano crepe e i tetti erano messi davvero male. Io queste cose le noto subito, era il mio lavoro. Ci portarono dall'uomo che quella comunità aveva eletto a capo Didier Noel, "le Rouge" per la gente del posto. Il motivo di quel soprannome era chiaro: era un uomo di mezza età, bassino, praticamente calvo e abbastanza anonimo se non fosse per la sua folta barba di color rosso acceso. Il rosso ci fece entrare in casa sua offrendoci un pasto come non lo facevamo da non so quanto e ascoltò con interesse i nostri racconti. Alla fine del pranzo mi prese in disparte, il fatto che io in passato fossi stato un muratore lo aveva interessato e visto che gli edifici della cittadina avevano bisogno di lavori, tanti, tanti lavori, mi propose di rimanere lì in quella comunità. Mi dispiacque non poco salutare i miei compagni di viaggio ma io non la vedevo proprio come loro, non cercavo ulteriori battaglie così li salutai, ci abbracciammo e facemmo tutti promesse fasulle di improbabili rincontri e rimpatriate ma qui nelle terre perdute tutti sapevamo come funzionavano le cose: se ti dividi da qualcuno in pratica gli stai dicendo addio.


Marcel


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