6 Giugno 1944, come dimenticarlo. Quel giorno sì che la mia vita è cambiata.
Come è cambiata a tutti, del resto.
Quel dannato martedì iniziò per me già in modo inusuale: a causa di un collega malato venni inviato infatti fuori sede, a compiere un rilievo sulla massicciata di una linea ferroviaria rurale. Cosa fuori dal normale tran-tran, certo, ma purtroppo non sarebbe stata quella l'anomalia.
La mattinata trascorse senza intoppi particolari. Come quasi tutti, eravamo tenuti all'oscuro di quanto stava accadendo sulla costa della Manica. Partii sulla Citroën di servizio assieme all'autista Rolànd senza nemmeno immaginare che non sarei mai più tornato.
Nel primo pomeriggio stavamo percorrendo la via delle colline per tornare verso la città quando, passato un dosso, ci accorgemmo che la strada e i campi erano pieni di persone che scendevano in ordine sparso dal dosso successivo. La cosa ci incuriosì, ma proseguimmo. Rolànd rallentò, ed aprì il finestrino per avvicinarsi a uno dei passanti e chiedergli cosa stesse succedendo. Io, sul sedile posteriore, non detti molto caso alla cosa, e continuai a consultare gli appunti e le carte del rilievo appena fatto.
mercoledì 22 gennaio 2014
giovedì 16 gennaio 2014
#2 Avant l'apocalypse
La surreale calma del forte ebbe vita breve.
Chiamarono con il normale telefono di servizio. Chiesero del comandante, ma aveva, come quasi tutti gli ufficiali del resto, abbandonato il forte per darsi alla guerra clandestina. Toccò al sottotenente ingegnere Matignon, delle forze ausiliarie, parlarci.
L'uomo al telefono, che si qualificò come "Tenente colonnello Gilbert, incaricato del governo francese per l'attuazione delle clausole d'armistizio" annunciò che una squadra d'ispezione sarebbe arrivata al forte nel pomeriggio.
Ci aspettavamo di dover uscire a uno a uno con le mani in alto, sotto il tiro di un battaglione schierato della Wermacht. Ma non fu così. Con nostra grande sorpresa, ad arrivare furono mezzi e uomini dell'esercito francese. Solo una Kubelwagen e due sidecar tedeschi li accompagnavano, ma stettero in disparte per tutto il tempo mentre gli ufficiali francesi ci spiegavano come lasciare alla loro custodia l'Ouvrage corazzato, e ci indicavano i mezzi su cui salire assieme al nostro equipaggiamento per esser riportati a valle.
Chiamarono con il normale telefono di servizio. Chiesero del comandante, ma aveva, come quasi tutti gli ufficiali del resto, abbandonato il forte per darsi alla guerra clandestina. Toccò al sottotenente ingegnere Matignon, delle forze ausiliarie, parlarci.
L'uomo al telefono, che si qualificò come "Tenente colonnello Gilbert, incaricato del governo francese per l'attuazione delle clausole d'armistizio" annunciò che una squadra d'ispezione sarebbe arrivata al forte nel pomeriggio.
Ci aspettavamo di dover uscire a uno a uno con le mani in alto, sotto il tiro di un battaglione schierato della Wermacht. Ma non fu così. Con nostra grande sorpresa, ad arrivare furono mezzi e uomini dell'esercito francese. Solo una Kubelwagen e due sidecar tedeschi li accompagnavano, ma stettero in disparte per tutto il tempo mentre gli ufficiali francesi ci spiegavano come lasciare alla loro custodia l'Ouvrage corazzato, e ci indicavano i mezzi su cui salire assieme al nostro equipaggiamento per esser riportati a valle.
domenica 12 gennaio 2014
#1 Avant l'apocalypse
La guerra? No, non ha cambiato granchè la mia vita.
Avevo iniziato a lavorare da poco quando scoppiò. Nel'39, fresco di laurea, ero entrato nelle ferrovie come ingegnere. Da ultimo arrivato mi avevano messo alla sezione controlli: verificavamo i documenti sulla manutenzione dei ponti e delle massicciate. Un lavoro d'ufficio calmo e tranquillo, con solo sporadiche uscite per qualche ispezione.
Tra timbri e certificati le mie giornate scorrevano senza intoppo alcuno, e mi scoprii più che adatto a quel genere di vita, aspettando una promozione.
Alla dichiarazione di guerra fui mobilitato e, come sottotenente ingegnere, assegnato ai reparti del genio. Dopo un corso affrettato mi trovai assegnato al servizio tecnico nelle fortificazioni della linea Maginot. Mi occupavo prevalentemente di progetti di demolizione, per chiudere la via all'avanzata nemica; ironia della sorte, adesso il mio lavoro era predisporre piani per far saltare in aria quei ponti di cui prima certificavo la resistenza. Quei mesi di servizio nelle fortificazioni, però, non furono così diversi da prima: il mio ufficio non aveva più finestra, e al termine dell'orario mi ritiravo in camerate sotterranee invece di tornare a casa.
Ma sempre di documenti di resistenza strutturale e tabelle si trattava, per me, aspettando di esser chiamati all'azione.
Avevo iniziato a lavorare da poco quando scoppiò. Nel'39, fresco di laurea, ero entrato nelle ferrovie come ingegnere. Da ultimo arrivato mi avevano messo alla sezione controlli: verificavamo i documenti sulla manutenzione dei ponti e delle massicciate. Un lavoro d'ufficio calmo e tranquillo, con solo sporadiche uscite per qualche ispezione.
Tra timbri e certificati le mie giornate scorrevano senza intoppo alcuno, e mi scoprii più che adatto a quel genere di vita, aspettando una promozione.
Alla dichiarazione di guerra fui mobilitato e, come sottotenente ingegnere, assegnato ai reparti del genio. Dopo un corso affrettato mi trovai assegnato al servizio tecnico nelle fortificazioni della linea Maginot. Mi occupavo prevalentemente di progetti di demolizione, per chiudere la via all'avanzata nemica; ironia della sorte, adesso il mio lavoro era predisporre piani per far saltare in aria quei ponti di cui prima certificavo la resistenza. Quei mesi di servizio nelle fortificazioni, però, non furono così diversi da prima: il mio ufficio non aveva più finestra, e al termine dell'orario mi ritiravo in camerate sotterranee invece di tornare a casa.
Ma sempre di documenti di resistenza strutturale e tabelle si trattava, per me, aspettando di esser chiamati all'azione.
giovedì 12 dicembre 2013
M1 Garand
L'M1 Garand, il cui nome originale in produzione era United States Rifle, Caliber .30, M1, è stato il primo fucile militare semiautomatico a presa di gas (ovvero con i gas di sparo che vengono recuperati per riarmare l'otturatore e ricaricare) ad essere consegnato in servizio per la fanteria nella U.S. Army. Costruito inizialmente dall'Arsenale militare di Springfield andò a rimpiazzare ufficialmente lo Springfield M1903 come fucile d'ordinanza standard nel 1936.
Divenuto il fucile d'ordinanza del soldato americano, diede ottima prova in tutti i teatri di guerra e si guadagnò la fama di arma efficiente, robusta e precisa. Non era comunque esente da difetti: il caricatore conteneva solo 8 colpi e il sistema di caricamento dall'alto, tipo Mannlicher, era criticabile e talvolta fonte di inconvenienti.
venerdì 6 dicembre 2013
Fucile Berthier mod. 1907/15 e Berthier mod. 1916/32
Nel 1907 i francesi pensarono che fosse arrivata l'ora di mandare in pensione il fucile Lebel, e visto che il Moschetto Berthier se la cavava decisamente bene, pensarono di allungarlo per realizzare un buon fucile da fanteria con il minimo della spesa, utilizzando in buona parte macchinari già posseduti.
Il fucile modello 1907 fu adottato in effetti solo il 19 Giugno 1908, ed era destinato alle truppe coloniali. Non a caso è più conosciuto con il nome di "fucile da tiratore senegalese", e l'utilizzo sul campo non mise in evidenza particolari difetti, tanto che l'unica modifica effettuata è del 1908 e riguarda l'aggiunta di un perno passante nella parte posteriore della calciatura per evitare lesioni al calcio.
Carabina Lebel 1886/93/1935
Nel 1884 il chimico francese Paul Vielle aveva inventato la "poudre B", la prima polvere infume, ed i francesi avevano immediatamente progettato una munizione ed un fucile che potessero impiegarla. Era nato il fucile Lebel modello 1886, che venne modificato nel 1893 rinforzando parti dell'otturatore per evitare che, in caso d'incidenti, potesse essere proiettato contro l'occhio del tiratore, e questa è la versione denominata 1886/93 che troviamo nelle armerie. La vita operativa del Lebel fu nel complesso abbastanza travagliata, perché già nel 1892 erano apparse le prime carabine Berthier, che utilizzavano un caricatore a clip al posto dello scomodo caricatore tubolare da otto colpi del Lebel, e pochi anni più tardi apparvero anche i fucili lunghi Berthier. Nel 1935 in Francia ebbero l'idea di recuperare dei fucili Lebe
giovedì 5 dicembre 2013
#02 Vivere a Rennes le Chateau
Ormai è passato qualche mese da quando sono arrivato e mi sono abituato alla mia nuova casa. Lo so, l'ho pensato più volte e tutte quelle fottute volte è finita allo stesso modo, nel solito fottuto macabro modo. Ma qui mi sento di dire che è diverso, qui si sono organizzati, davvero dico. Didier Noel, "le Rouge", quello che comanda qui non mi ha dato tregua per le prime settimane, mi ha messo subito al lavoro, c'erano un sacco di riparazioni da fare e mi ha tempestato di domande, mi ha tenuto d'occhio per giorni dico e ogni sera voleva che andassi a casa sua a parlare. Poi non so, si deve essere fidato perché adesso sono libero di fare quello che voglio, si fida di me, e con la sua è arrivata anche la fiducia degli altri, non so quanti sono ma penso circa un ottantina tra uomini, donne e bambini. Tutti qui hanno un compito: ci sono gli addetti alla sicurezza, che girano sempre armati e accompagnano fuori dal borgo i lavoratori che devono uscire, c'è chi coltiva i campi, chi porta al pascolo le besti, chi cucina, c'è un medico e abbiamo anche una chiesa con un prete italiano, ogni tanto vado a fare qualche preghierina e a confessarmi, del resto non si sa mai...
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